La conversione del decreto 35 non ha previsto, come atteso, la estensione della possibilità di ricorrere alla anticipazione straordinaria di cassa anche per i comuni in dissesto. Questo comporterà due consequenze, peraltro già note agli addetti ai lavori. La prima é che i comuni in dissesto difficilmente riescono a trovare le risorse, in termini di liquidità, per far fronte alla massa passiva, soprattutto da quando non é più possibile contrarre mutui per la spesa corrente e da quando non é più consentito contrarre apposito mutuo, con oneri a carico dello Stato. La seconda conseguenza ha il sapore della incostituzionalità, infatti le imprese che hanno rapporti con i comuni che hanno deliberato i piani di riequilibrio, si vedranno liquidare in tempi brevi i loro crediti, grazie appunto alla anticipazione straordinaria, prevista dal dl 35, che si va a sommare al fondo di rotazione, mentre le imprese creditrici nei confronti degli enti in dissesto incasseranno chissà quando se incasseranno. Ulteriore conseguenza temuta e, spesso, anche sperimentata é che, con la normativa attuale, il comune in dissesto difficilmente riesce a rialzarsi, finendo per ricadere ripetutamente nello stesso. Allora detta normativa é da rivedere urgentemente, come urgentemente é da individuare la fonte di liquidità, per consentire agli enti in dissesto di onorare i loro debiti, per non scaricarli sulla economia locale. Anche perché mentre l'azienda in dissesto, chiude, il comune non può chiudere.
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