Oggi è un giorno di
festa e bisognerebbe rilassarsi e non pensare ai problemi, ringrazio il mio
amico Franco per queste parole di incoraggiamento, ma non ce la faccio. Non ce
la faccio ad essere indifferente al contenuto di alcune telefonate. Tanti amici mi chiamano
per gli auguri, ma, alla mia richiesta di notizie su come vanno le cose,
confessano di avere tanti problemi. Chi è disoccupato, chi non prende lo
stipendio da 17 mesi, chi ha ritrovato lavoro dopo sei mesi di fermo, durante i
quali si è sentito umiliato, perché la propria moglie è dovuta andare “a fare
surbizzi” (fare la colf) altrimenti non si mangiava. Penso a loro, ma penso
contestualmente a tutti quei “buffoni” che, giustificando tutto con la legge
del mercato, concentrano ricchezza scialacquando nel torbido.
Natale è anche festa di solidarietà. Giusto. Ma come fare ad
aiutare tutti? Mi sento impotente e questo mi deprime. Ma mi sento anche molto
arrabbiato, si molto arrabbiato. Con il sistema, con la politica.
Già la politica. Quella politica nella quale ho sempre
creduto, convinto che le soluzioni vanno trovate, nel rispetto della forma
democratica, nelle sedi istituzionali. Quella politica, però, che ci ha
convinti che sia giusto entrare e rimanere nell’Euro, sistema politico ed
economico che promette la ripresa, ma convincendoci dell’obiettivo della
stabilità, provoca recessione e disoccupazione. Quella politica che continua a
ripeterci che se uscissimo dall’Euro, finiremmo in bancarotta, dato il nostro
principale fattore di debolezza: il livello del debito pubblico.
Ma, personalmente, ho sempre creduto in una Europa che
costituiva una opportunità di sviluppo e non l’obbligo risanatore
dell’austerità che produce, come detto sopra, recessione e disoccupazione.
Ormai che il meccanismo non funziona, lo dicono anche gli
economisti, quegli economisti troppo frettolosamente innamoratisi dell’idea,
forse perché dalla parte dei sistemi forti: bancario, assicurativo, ecc.
Possibile che non lo capisca solo la politica? Quella
politica nella quale ho sempre creduto, convinto che le soluzioni vanno
trovate, nel rispetto della forma democratica, nelle sedi istituzionali.
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