giovedì 25 luglio 2013

Scioglimento per infiltrazione una proposta

In città si anima il dibattito sulla norma che prevede lo scioglimento delle Amministrazioni locali, per il pericolo di infiltrazione mafiosa. Emergono da più ambiti proposte di abrogazione e/o di modifica della attuale normativa, che lede il principio di rappresentanza democratica delle comunità  amministrate. Anche io sento il dovere di offrire il mio contributo, da cittadino, interessato alla amministrazione democratica degli enti locali calabresi, da esperto nella gestione finanziaria di questa tipologia di enti.

Lo scioglimento dei comuni, ai sensi della normativa suddetta, è sempre avvenuto a causa della “disorganizzazione” degli enti e delle “inadempienze”, riferite a tutte quelle misure che una amministrazione deve porre in essere, al fine di arginare la (anche solo teorica) possibilità di contaminazione mafiosa dell’ente. Ma la responsabilità di detta “disorganizzazione” e di dette “inadempienze”, che la legislazione fa ricadere sugli amministratori, stranamente, non appartengono alle loro sfere di competenze. Infatti l’attuale assetto gestionale degli enti vede una “sostanziale” separazione tra la sfera della programmazione e dell’indirizzo e quella della attuazione concreta della stessa. Il potere di indirizzo sta alla politica, mentre il potere di gestione sta alla “burocrazia”.

Oggi alcune norme, se attuate, costituirebbero un sicuro argine al pericolo di infiltrazione. Molte di queste norme -  alcune già entrate in vigore, sia pure in parte, come il codice antimafia (tracciabilità dei pagamenti, certificazioni, libro bianco imprese, ecc), altre che stanno vedendo attuazione in questo anno, come la riforma del sistema dei controlli interni, la prevenzione della corruzione, la trasparenza e la integrità della amministrazione – però finiranno per essere, ancora una volta, lettera morta. In questo caso gli scioglimenti delle Amministrazioni, a mio avviso, non solo sono giustificati, ma addirittura da auspicare.

Mi chiedo però, in questi casi, chi sia da sciogliere e mandare a casa? L’amministratore, al quale compete di scegliere fra alternative possibili e di fornire indirizzi per la gestione, senza avere poi alcun vero potere sanzionatorio nei confronti di quei dipendenti che non si sono attivati? Oppure chi quelle norme e quegli indirizzi non ha attuato?
Che l’attuale norma non serva lo dimostra il fatto stesso parecchi enti sono stati sciolti più volte, come se ci fosse una continuità nel pericolo di infiltrazione e senza che il commissariamento abbia eliminato detto pericolo. Ma gli amministratori non c’erano, come mai la continuità?

Allora, a mio avviso, la norma non va abrogata. Va modificata. Prevedendo, in primo luogo, la “cessazione forzosa” di quegli amministratori che si siano, in qualche modo dimostrati contigui, ma demandando la decisione ad un organo giurisdizionale terzo, confermando la carica invece per gli amministratori incolpevoli, ai quali fornire lo stesso supporto “tecnico”, di cui si avvalgono oggi le Commissioni straordinarie. 







mercoledì 24 luglio 2013

La Consulta salva le partecipate

La Consulta con la sentenza n. 229/2013 ha sancito la sopravvivenza delle società strumentali delle Amministrazioni che erogano servizi di supporto agli Enti.
Queste società erano state destinate alla dismissione dal decreto legge 95/2012 (cd spending review), che aveva disposto la soppressione delle società strumentali entro il 30 giugno scorso (termine poi spostato alla fine dell´anno in corso). Sette regioni hanno impugnato tale disposizione, evidenziandone l´inconciliabilità con la Costituzione ed il diritto dell´Unione europea. Anche se la sentenza riguarda le aziende sanitarie e le Regioni é interessante anche per gli enti locali per i principi nella stessa contenuta, che evidenziano come sia un errore prevedere la dismissione di quelle società che, in quanto strumentali, realizzano l'intero fatturato nei confronti dell'Ente socio.
Certamente la questione andrà approfondita ma si apre uno spiraglio per la temuta dismissione delle società partecipate dal comune di Reggio.

venerdì 19 luglio 2013

L’Agenzia delle Entrate serve ad estorcere danaro ai contribuenti onesti

Se il contribuente, in difficoltà finanziaria, versa le imposte in ritardo, avvalendosi della procedura del ravvedimento, versando contestualmente, come previsto dalla norma, sanzione ridotta ed interessi, ma sbaglia il conteggio degli interessi di pochi euro, su migliaia versati, l’Agenzia notifica la cartella per il recupero della sanzione in misura piena. Magari si sono versate complessivamente 5 mila euro e l’errore è di soli 5 euro in meno, non importa, l’Agenzia pretende circa 2 mila euro di sanzione piena.
Il  contribuente presenta istanza di autotutela  allegando anche la giurisprudenza di Commissioni Tributarie, che scusa l’errore di pochi euro. Ma all’Agenzia non importa, deve fare cassa.
Ma vada a fare cassa bussando alla porta degli evasori fiscali e non a quella dei contribuenti onesti, sia pure in difficoltà finanziaria.
Occorre che il Governo, dopo aver messo mano alla riscossione, per evitare che Equitalia vessi i contribuenti onesti, adesso dovrebbe mettere mano al ravvedimento per dichiararlo sempre regolare quando l’errore è di pochi euro, stabilendo magari una soglia percentuale di errore.

Dal canto nostro auspichiamo che cos’ come si è messo mano a DisEquitalia si metta mano all’Agenzia delle Estorsioni.