lunedì 6 gennaio 2014

SCIOGLIMENTO DEI COMUNI PER MAFIA, UNA LEGGE DA RIVEDERE


‘’È una legge che merita di essere rivista perché non risolve i problemi. Cioè sciogliere i Comuni significa quasi mettersi contro la popolazione che lo avverte come un sacrificio alle proprie scelte. Un provvedimento ablatorio e ablativo delle proprie scelte, e questo secondo me va evitato. Bisogna tornare ai vecchi sistemi, cioè il controllo sulla legittimità degli atti. Bisogna mettere una Commissione che esamini gli atti, che sia il vecchio Coreco o la Prefettura poco importa, ma probabilmente bisognerebbe estendere il controllo anche nel merito degli atti. Io non do colpa allo stato, ma al legislatore che dovrebbe riadattare la legge alla realtà, che nel frattempo è cambiata’’. (Prefetto Piscitelli su legge scioglimento comuni, conferenza stampa di saluto alla città di Reggio Calabria)

Anche il Procuratore Cafiero De Rhao ha sollevato serie critiche e dubbi circa la validità e la efficacia della attuale normativa, sugli scioglimenti dei comuni per mafia.

Non siamo d'accordo con la soluzione prospettata dal Prefetto. Non abbiamo bisogno di una ulteriore ingerenza delle Prefetture negli enti locali, né di una ulteriore forma di sospensione della democrazia. Ci mancherebbe che le Prefetture entrino nel merito degli atti. Esistono già i sistemi di controllo che vanno implementati. Come esistono le misure per evitare che la criminalità organizzata tenti di infiltrarsi, leggasi codice antimafia e norme anticorruzione. Intanto le Prefetture dovrebbero meglio organizzarsi per rendere funzionale ed efficiente il sistema di certificazione antimafia. Altra cosa sarebbe una Commissione di verifica e monitoraggio che affianchi gli enti locali a rischio, ovviamente disciplinando correttamente la "dichiarazione" di rischio, evitando che diventi una ulteriore arma di lotta politica da parte delle opposizioni, che perdendo sempre le elezioni tifano per gli scioglimenti, fermo restando la pronuncia di decadenza, per quegli amministratori individuati responsabili, da sostituire facendo scorrere le graduatorie degli eletti, sia per evitare inutili costi per le elezioni, sia per non compromettere la stabilità amministrativa, sia per non penalizzare le persone perbene, sia per togliere l'arma "ricattatoria" alle opposizioni.

Allora bisogna passare dalle parole ai fatti, ecco perché, di seguito lancio la mia proposta di rivisitazione della norma, aperta ovviamente a tutti gli emendamenti migliorativi che dovessero pervenire, da sottoporre al Ministro Alfano, affinché provveda a far  varare al Governo apposito disegno di legge.

 

A mio avviso, ma ripeto ogni ulteriore proposta è ben accetta, bisognerebbe rivedere l’impianto normativo nei seguenti punti:

PROPOSTA PER L’ACCESSO

La proposta per l’accesso spetterà sempre alla locale Prefettura e sarà decretata dal Ministero dell’Interno, sentita, entro un termine prestabilito, la Conferenza Unificata Stato, Regioni , Enti locali.

COMMISSIONE D’ACCESSO

Nominata dal Ministro, sarà composta da tre soggetti in rappresentanza del Ministero ed integrata da due membri, da nominare entro un termine prestabilito, designati uno dall’Ente locale interessato, fra soggetti estranei al Consiglio, uno dall’Anci regionale.

 

SCIOGLIMENTO

Lo scioglimento sarà decretato dal Ministero dell’Interno, sentita , entro un termine prestabilito, la Conferenza Unificata Stato, Regioni , Enti locali.

CONSEGUENZE

Le conseguenze, oltre tutte quelle altre previste per legge, saranno la pronuncia di decadenza degli amministratori responsabili, la loro sostituzione con i primi dei non eletti nelle rispettive liste di appartenenza, la nomina di una apposita Commissione di verifica degli atti e della gestione, al cui parere va sottoposto ogni atto, appunto di indirizzo o di gestione che sia.

 

Naturalmente, per il momento, è solo un canovaccio di discussione, sul quale confrontarsi tutti per stendere una proposta completa e definitiva.

 

DISSESTO ENT I LOCALI UN DRAMMA DA EVITARE


 

ll dissesto rappresenta per una comunità territoriale un evento sicuramente nefasto. Perché, a prescindere dagli aumenti di aliquote e tributi, destinati al solo ripiano dell’indebitamento pregresso, non si riesce mai a soddisfare pienamente le pretese dei creditori, spesso rappresentati da imprese ed artigiani locali, che in tale evenienza rischiano seriamente anche la loro stabilità occupazionale, compromettendo irrimediabilmente l’economia e l’occupazione locali, già seriamente compromesse dalla spaventosa crisi che si sta attraversando. Infatti le procedure di dissesto in corso, malgrado lo stanziamento di 100 milioni di euro, a favore delle stesse, disposto dal decreto legge 35/2013, stentano a chiudersi e probabilmente non si chiuderanno mai, dato che l’articolo 31, comma 15 della Legge 289/2002, ha abrogato la possibilità di far ricorso al mutuo per finanziare la massa passiva del dissesto. In effetti, attualmente, il mutuo può coprire solo debiti di parte capitale o anche debiti di parte corrente, solo però se sorti antecedentemente alla riforma costituzionale del 2001.

Il Consiglio di Stato è intervenuto sulla questione, con riferimento al comune di Paola, con l’ordinanza n. 1152/2013 emessa dalla V Sezione il 27 marzo 2013, affermando che il dissesto è un evento di carattere eccezionale e drammatico nella vita dell’Ente comunale, perché cede parte della sua autonomia allo Stato Centrale che penetra nell’Ente con una Commissione Straordinaria di Liquidazione, che gestirà tutte le passività, inoltre il Comune perde la propria capacità di autodeterminazione nelle normali scelte amministrative ed è obbligato, per i cinque anni successivi alla dichiarazione, a predisporre delibere, non revocabili, di aumento massimo di tutte le aliquote/tributi e tasse, inoltre vi è l’obbligo di riduzione drastica del personale in eccedenza, il divieto di nuove assunzioni, il congelamento dei crediti e delle procedure esecutive e dei pignoramenti, il blocco assoluto dell’accensione di nuovi mutui o finanziamenti e il taglio dei servizi indispensabili (mense scolastiche, scuolabus, interventi sociali, etc.). Prosegue poi il Consiglio di Stato indicando all’Ente la via da seguire: evitare in ogni modo la dichiarazione di dissesto attraverso il ricorso ai mezzi legali predisposti dal Legislatore. Allora perché fare fallire un ente locale, espressione esponenziale della collettività.

 

In questo particolare momento, la norma, nata con il decreto legge 174/2012, sul riequilibrio finanziario pluriennale, ha rivelato tutta la propria utilità, dimostrata dal crescente utilizzo che gli enti ne fanno. Ben farebbe allora il Legislatore a puntare sulla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, sopra citata, in luogo dell’obbligo al dissesto, guidato da Corte dei conti.

 

Il dissesto cosiddetto guidato è stato introdotto dal comma 2, dell’articolo 6, del decreto legislativo 149/2011. Detta norma prevede che, qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti  emergano  comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli  obiettivi  della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri  strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla  Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste la competente sezione  regionale,accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla  Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.  Ove  sia  accertato,  entro  trenta  giorni  dalla predetta trasmissione, da parte della  competente  sezione  regionale  della Corte dei conti, il perdurare dell'inadempimento da parte  dell'ente  locale delle citate misure correttive e la  sussistenza  delle  condizioni  di  cui all'articolo 244 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267del 2000, il Prefetto  assegna  al  Consiglio,  con  lettera  notificata  ai singoli consiglieri,  un  termine  non  superiore  a  venti  giorni  per  la deliberazione del dissesto.

Stante, allora, che la via della adozione del piano pluriennale di riequilibrio appare la più  percorribile, anche se sicuramente la più onerosa  (nel profilo dell’impegno gestionale per la amministrazione attuale e le future, dato che é comune esperienza infatti che le amministrazioni, con il ricorso alla ordinaria procedura di dissesto, finiscono per essere sgravate da tutta una serie di azioni tendenti al risanamento, continuando nella loro azione scarsamente produttiva, mentre con la procedura di riequilibrio sentirebbero il fiato sul collo della amministrazione e dei cittadini), sarebbe utile che il Legislatore provvedesse alla modifica della procedura del dissesto guidato.

In luogo del dissesto guidato, si potrebbe infatti introdurre, con opportuna modifica dell’articolo 6 sopra citato, l’obbligo della procedura decennale di riequilibrio. In sostanza, all’emergere di  comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli  obiettivi  della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri  strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario, Corte Conti provvede a diffidare gli enti ad adottare un piano di riequilibrio. Sanzionando l’omessa adozione nei termini assegnati con lo scioglimento del Consiglio comunale e la nomina del commissario ad acta, così come avviene per la omessa approvazione dei bilanci. Tuttavia, dato che con la modifica, si vuole salvare le amministrazioni e non gli amministratori, questi ultimi, quando ritenuti responsabili del dissesto, andrebbero adeguatamente sanzionati pecuniariamente, mai con la ineleggibilità, sanzione questa troppo strumentalizzata dalle opposizioni che spesso tifano a favore del dissesto,senza farsi scrupolo dei danni che provocano.

 

 

 

domenica 5 gennaio 2014

CASTORINA, ESEMPIO DA IMITARE


 

Nino Castorina si è comportato come a noi piace. L’essere su posizioni politiche diverse non autorizza nessuno ad essere offensivo ed irriverente, non autorizza nessuno ad essere offensivo o bugiardo. La persona leale dice quel che pensa, assumendo ogni responsabilità di ciò che afferma. Castorina ha detto ciò che pensa, consapevole che postare sui social network vuol dire parlare pubblicamente, quindi consapevole dell’effetto che le sue parole avrebbero prodotto. Castorina si è rivolto al Governatore Scopelliti con tono confidenziale e garbato. Nessuna reverenza, solo grande garbo ed educazione. Avere ruoli politici differenti non ci autorizza ad essere maleducati, bugiardi o falsi. Avere ruoli politici differenti non ci autorizza alla lotta personale, all’odio, al disprezzo.

Ricordo con piacere gli anni trascorsi in Consiglio Comunale assieme a Ninetto Laganà, prima, ed alla sorella Angela, poi. Belle persone, garbate ed educate, con le quali, malgrado le diversità di vedute e di schieramento, è stato bello passare momenti di amicizia e fratellanza. Oggi dico ad Angela brava, per avere trasmesso il suo modo di essere e di fare.

La Politica è amare il bene comune, non odiare il prossimo.

Nino Castorina, forse, per i troppi traccheggiamenti partitici non diventerà mai un Grande politico. Ma sappia che è già un Politico grande ed un Grande Uomo. Bravo!

Agli amici del Gruppo Dialogo Civile dico che, Castorina ne ha dato un esempio.