domenica 4 agosto 2013

RITORNARE ALLA PROGETTUALITA’ PER REGGIO

Il dibattito, non ancora serrato, serpeggia al momento tra gli addetti ai lavori. Si punta alla individuazione dei candidati sindaco per la prossima campagna elettorale, che immancabilmente, anche in conseguenza della decisione che il Tar depositerà sul ricorso per lo scioglimento, entro settembre dovrà partire, in un modo o nell’altro.
Ma ancora una volta, della città, del cittadino, dei loro problemi, sembra importare poco a molti. Si continua a puntare, quale tema per la campagna, sulla situazione finanziaria del comune, sulle colpe e sulle responsabilità: esogene alla amministrazione, secondo  gli uni, endogene, secondo gli altri.
Personalmente ritengo invece, che sia giunta l’ora di sapere, dai diversi schieramenti, come, con quali uomini e con quali mezzi, intendono affrontare la sfida per riportare la nostra città, al ruolo che merita.
Ruolo che non è fatto solo di bilancio e di liquidità di cassa, certo detto da me sembra strano. Ma ritengo che il piano di riequilibrio sarà sicuramente approvato e da lì si intraprenderà un percorso di risanamento sicuramente fruttuoso. Ma ritengo assolutamente indispensabile riprendere a parlare di tutto il resto, oltre che del bilancio.
Allora mi vengono in mente alcuni grandi problemi, che, malgrado l’impegno della Terna rimangono irrisolti e che invece meritano soluzione, se veramente vogliamo vivere in una città civile.
Occorre in primo luogo tornare a puntare sulla naturale vocazione turistica della nostra città, a partire da quel connubio inscindibile, mare cultura, che può fare la differenza. Ma per poter, veramente, pensare allo sviluppo turistico, occorre pensare alla riorganizzazione dei servizi essenziali, quali quello idrico (la diga del Menta?), quello dello smaltimento dei rifiuti, in primo luogo. Ma anche la riqualificazione urbanistica della città non può attendere e questa passa anche dalla dismissione o valorizzazione del patrimonio edilizio.
Ecco alcuni temi che mi vengono in mente, rispetto ai quali vorrei sentire quali i programmi dei diversi schieramenti, poi parliamo delle persone che devono portarli avanti. Sembra retorico (in politica) ma, ancora una volta, partire dalle persone piuttosto che dai progetti allontanerà ancor di più la gente dal voto.
Sui potenti  social network, almeno perché consentono a tutti di dire la nostra, anche a quelli che non avrebbero altra possibilità per esprimere le loro idee, allora incominciamo a parlare di progetti di idee, smettendola, almeno quelli che una idea di città futura l’abbiamo, di utilizzarli quale mezzo di sfogo dei nostri insuccessi e/o delle nostre incapacità.

giovedì 25 luglio 2013

Scioglimento per infiltrazione una proposta

In città si anima il dibattito sulla norma che prevede lo scioglimento delle Amministrazioni locali, per il pericolo di infiltrazione mafiosa. Emergono da più ambiti proposte di abrogazione e/o di modifica della attuale normativa, che lede il principio di rappresentanza democratica delle comunità  amministrate. Anche io sento il dovere di offrire il mio contributo, da cittadino, interessato alla amministrazione democratica degli enti locali calabresi, da esperto nella gestione finanziaria di questa tipologia di enti.

Lo scioglimento dei comuni, ai sensi della normativa suddetta, è sempre avvenuto a causa della “disorganizzazione” degli enti e delle “inadempienze”, riferite a tutte quelle misure che una amministrazione deve porre in essere, al fine di arginare la (anche solo teorica) possibilità di contaminazione mafiosa dell’ente. Ma la responsabilità di detta “disorganizzazione” e di dette “inadempienze”, che la legislazione fa ricadere sugli amministratori, stranamente, non appartengono alle loro sfere di competenze. Infatti l’attuale assetto gestionale degli enti vede una “sostanziale” separazione tra la sfera della programmazione e dell’indirizzo e quella della attuazione concreta della stessa. Il potere di indirizzo sta alla politica, mentre il potere di gestione sta alla “burocrazia”.

Oggi alcune norme, se attuate, costituirebbero un sicuro argine al pericolo di infiltrazione. Molte di queste norme -  alcune già entrate in vigore, sia pure in parte, come il codice antimafia (tracciabilità dei pagamenti, certificazioni, libro bianco imprese, ecc), altre che stanno vedendo attuazione in questo anno, come la riforma del sistema dei controlli interni, la prevenzione della corruzione, la trasparenza e la integrità della amministrazione – però finiranno per essere, ancora una volta, lettera morta. In questo caso gli scioglimenti delle Amministrazioni, a mio avviso, non solo sono giustificati, ma addirittura da auspicare.

Mi chiedo però, in questi casi, chi sia da sciogliere e mandare a casa? L’amministratore, al quale compete di scegliere fra alternative possibili e di fornire indirizzi per la gestione, senza avere poi alcun vero potere sanzionatorio nei confronti di quei dipendenti che non si sono attivati? Oppure chi quelle norme e quegli indirizzi non ha attuato?
Che l’attuale norma non serva lo dimostra il fatto stesso parecchi enti sono stati sciolti più volte, come se ci fosse una continuità nel pericolo di infiltrazione e senza che il commissariamento abbia eliminato detto pericolo. Ma gli amministratori non c’erano, come mai la continuità?

Allora, a mio avviso, la norma non va abrogata. Va modificata. Prevedendo, in primo luogo, la “cessazione forzosa” di quegli amministratori che si siano, in qualche modo dimostrati contigui, ma demandando la decisione ad un organo giurisdizionale terzo, confermando la carica invece per gli amministratori incolpevoli, ai quali fornire lo stesso supporto “tecnico”, di cui si avvalgono oggi le Commissioni straordinarie. 







mercoledì 24 luglio 2013

La Consulta salva le partecipate

La Consulta con la sentenza n. 229/2013 ha sancito la sopravvivenza delle società strumentali delle Amministrazioni che erogano servizi di supporto agli Enti.
Queste società erano state destinate alla dismissione dal decreto legge 95/2012 (cd spending review), che aveva disposto la soppressione delle società strumentali entro il 30 giugno scorso (termine poi spostato alla fine dell´anno in corso). Sette regioni hanno impugnato tale disposizione, evidenziandone l´inconciliabilità con la Costituzione ed il diritto dell´Unione europea. Anche se la sentenza riguarda le aziende sanitarie e le Regioni é interessante anche per gli enti locali per i principi nella stessa contenuta, che evidenziano come sia un errore prevedere la dismissione di quelle società che, in quanto strumentali, realizzano l'intero fatturato nei confronti dell'Ente socio.
Certamente la questione andrà approfondita ma si apre uno spiraglio per la temuta dismissione delle società partecipate dal comune di Reggio.